Biodiversità come cartina al tornasole per affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici, la salvaguardia delle risorse naturali, lo sviluppo sostenibile. È questa la veste nuova con cui oggi la natura, e la sua vasta diversità biologica, si confrontano di fronte alle nuove sfide che, per esempio, in vista della Giornata Mondiale della Biodiversità che si celebra il 22 maggio, vengono poste a livello internazionale dagli accordi di tutela come quelli indicati dall'International Union for Conservation of Nature (Iucn) e dagli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

 

Il tema scelto per il 2024 è "Essere parte del Piano". Un invito all'azione rivolto a tutte le parti interessate per arrestare e invertire la perdita di biodiversità, sostenendo l'attuazione del Quadro globale sulla biodiversità di Kunming-Montreal.

 

Quest'anno la celebrazione dell'International Day for Biodiversity coinciderà con due riunioni degli Organi sussidiari della Convenzione sulla Diversità Biologica che si svolgeranno entrambe a Nairobi: la 26esima riunione dell'Organismo sussidiario sulla consulenza scientifica, tecnica e tecnologica (13-18 maggio 2024) e il quarto incontro dell'Organo sussidiario sull'attuazione (21-29 maggio prossimi).

 

Biodiversità, dalle origini ad oggi

Il termine biodiversità è relativamente giovane. È stato usato per la prima volta nel 1968 dall'ecologo Raymond Dasmann e nel 1980 dal biologo Thomas Lovejoy. Nel 1986 apparve come "biodiversità" in un libro che aveva proprio questo stesso titolo in una raccolta di saggi curata dall'entomologo ed evoluzionista americano Edward O. Wilson. Nell'accezione più attuale, la biodiversità di un ecosistema o di una specie ne determina la capacità di reagire e di adattarsi a mutamenti e perturbazioni ambientali.

 

È anche per questo che la Strategia dell'Unione Europea sulla Biodiversità per il 2030 è molto più che una strategia: è un piano globale, ambizioso e a lungo termine per proteggere la natura e invertire il degrado degli ecosistemi. Mira a portare la biodiversità europea sulla strada della ripresa entro il 2030. Al suo interno sono racchiuse una serie di azioni e di impegni specifici.

 

Essendo parte fondamentale del Green Deal Ue (a beneficio di persone, clima e pianeta) - ed anche un pezzo importante della Farm to Fork - la questione posta dalla Strategia per la Biodiversità riguarda soprattutto il rafforzamento dell'aspetto legato alla resilienza delle nostre società, in particolare di fronte a minacce future come per esempio gli impatti dei cambiamenti climatici, gli incendi boschivi, l'insicurezza alimentare, i focolai di malattie, la protezione della fauna selvatica, la lotta al commercio illegale di specie tutelate.

 

Tra le azioni principali indicate come prioritarie, l'istituzione di una rete più ampia a livello Ue di aree protette sulla terraferma e in mare, l'avvio di un Piano europeo per il ripristino della natura, l'introduzione di misure per consentire la necessaria trasformazione (finanziamenti, governance, monitoraggio, investimenti).

 

Una Pac a salvaguardia della biodiversità

Anche la Politica Agricola Comune (Pac) guarda - rientrando comunque anch'essa nell'ambito del più ampio Piano del Green Deal - al miglioramento della biodiversità, in modo diretto con la salvaguardia dei terreni agricoli.

 

In sostanza la Pac intende proteggere la biodiversità in diversi modi: rispetto della Direttiva Uccelli e della Direttiva Habitat, preservazione del paesaggio, riduzione dell'uso degli agrofarmaci, creazione di aree di interesse ecologico e di "corridoi" per la fauna selvatica con più terreni lasciati a riposo per facilitare l'impollinazione e proteggere gli habitat, oltre al sostegno a sistemi agricoli ad alto valore naturalistico.

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La Pac ha tre chiari obiettivi ambientali: combattere i cambiamenti climatici, proteggere le risorse naturali (acqua, suolo, aria), migliorare la biodiversità. Obiettivi che per l'Europa devono essere raggiunti in modo socialmente ed economicamente sostenibile per gli agricoltori e le comunità rurali. Promuovere quindi un'agricoltura sostenibile, grazie al ruolo della ricerca, dell'innovazione, e della tecnologia (esiste il Partenariato Europeo per l'Innovazione in Agricoltura, il Pei-Agri; oppure l'attuazione del progetto IMAP per fornire prove e monitorare i risultati relativi alle diverse pratiche agricole).

 

Allevatori come custodi di agrobiodiversità

Tra le misure che hanno poi un'applicazione concreta nel risollevare la biodiversità, c'è quella denominata "Allevatori custodi dell'agrobiodiversità". Un intervento che per esempio in Toscana ha la finalità di contribuire ad arrestare la perdita di biodiversità, attraverso la valorizzazione agricola, alimentare, territoriale.

 

Così accade che si supportano con adeguate risorse, nell'anno di riferimento, gli allevatori che decidono di puntare su razze autoctone, a rischio di estinzione, meno produttive e che corrono il rischio di essere abbandonate. Le razze che in Toscana rientrano in questo cerchio magico sono quelle bovine (Calvana, Garfagnina, Maremmana, Pisana, Pontremolese, Romagnola), ovine (Appenninica, Garfagnina bianca, Massese, pecora dell'Amiata, Pomarancina, Zerasca), caprine (capra della Garfagnana, capra di Montecristo), suine (Cinta senese), equine (Bardigiano, cavallo Appenninico, Maremmano, Monterufolino), asinine (asino Amiata).

 

Il periodo dell'impegno si estende per cinque anni, e le razze in questione devono essere contemporaneamente iscritte all'Anagrafe Nazionale della Biodiversità di Interesse Agricolo e al repertorio regionale, oltre ad essere iscritte nei rispettivi libri genealogici. La dotazione finanziaria complessiva per i cinque anni di programmazione è di 5 milioni di euro.

 

A proposito di Toscana e di allevatori, qualche mese fa la giornalista Barbara Righini ha fatto tappa nel comune di Arezzo, all'Alpe San Severo di Poti, per realizzare il podcast che ha visto protagonista Federico Lepri, giovane allevatore di ovini e bovini che nel 2009 si è messo in testa di recuperare terreni abbandonati proprio in questa zona. Oggi, a quindici anni di distanza, Federico può essere soddisfatto: alleva bovini di razza Maremmana in purezza, presidio Slow Food, capre, ha due stalle e un punto vendita per la vendita diretta di carne.

 

Ascolta l'intervento di Federico Lepri, allevatore della Società Agricola San Severo di Federico Lepri e I. Zelli (Arezzo).
Puoi trovare tutti i podcast della playlist "Coltiviamo innovazione" in questa pagina

 

Innovazione nella filiera del girasole

Nel distretto biologico "Terre Marchigiane" (nell'area della provincia di Pesaro e Urbino) - dove si riuniscono centodieci aziende del settore agroalimentare biologico e 5.200 ettari coltivati - il progetto "Sistemi innovativi nella filiera del girasole per la tutela della biodiversità, dei servizi ecosistemici e per l'utilizzo di nuove fonti proteiche" è una delle pratiche che si trovano su Innovarurale.

 

Partecipa l'Azienda agricola Grestini Maria Luisa con il principale obiettivo di introdurre sistemi innovativi nella filiera del girasole biologico per la tutela della biodiversità vegetale, dei servizi ecosistemici (api domestiche e impollinatori), per l'utilizzo dei sottoprodotti come nuova fonte di proteine, e ottenere anche dei semi resilienti. Verranno analizzati i componenti bioattivi contenuti negli acheni, olio, panello, polline e miele.

 

Inoltre, il progetto introdurrà processi innovativi nella filiera del girasole biologico come l'individuazione delle accessioni di girasole di vecchia costituzione che tutelino gli impollinatori e ne incrementino i servizi ecosistemici. Allo stesso tempo si pensa anche all'incremento e alla diversificazione, alla competitività dell'azienda agricola mediante la caratterizzazione in sostanze bioattive e lo sviluppo di nuovi prodotti biologici, tipo acheni decorticati e farina per uso alimentare, olio spremuto a freddo, miele uniflorale e polline biologico, farine di panello per l'industria dolciaria.

 

Filiere mediterranee agroalimentari: competitività e sostenibilità

Altro progetto che viene raccontato da Innovarurale è in Sicilia ed è legato al miglioramento della competitività e sostenibilità delle filiere mediterranee agroalimentari attraverso il recupero di scarti e sottoprodotti, la tutela della biodiversità e lo sviluppo di nuovi prodotti.

 

Azienda capofila (di un più ampio partenariato) è la Jungle Farm, in provincia di Catania; ma altre ce ne sono che coinvolgono le province di Messina e Palermo. Gli obiettivi del progetto sono legati essenzialmente alla sostenibilità delle aziende agroalimentari, dagli agrumi alle olive fino alle lumache, per valorizzare gli scarti e i sottoprodotti delle differenti produzioni e migliorare l'integrazione tra le rispettive filiere.


Il logo del progetto CAP4AgroInnovation

 

CAP4AgroInnovation è il nuovo progetto di Image Line®, cofinanziato dall'Unione Europea, dedicato all'innovazione in agricoltura e alle opportunità offerte dalla Pac.

Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito

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