Anche quest'anno la produzione del miele di acacia è fortemente a rischio, dove non completamente compromessa, a causa del maltempo.

 

Dopo la fioritura anticipata per le temperature miti di marzo e tendenzialmente calde della prima decade di aprile, la perturbazione che si sta abbattendo su gran parte dell'Italia sta mettendo a rischio la produzione di questo miele.

 

Un miele che un tempo poteva rappresentare anche il 50% del fatturato di un'azienda e che negli ultimi anni invece sta diventando sempre più difficile da ottenere.

 

In Toscana, ad esempio, dai 29-30 gradi centigradi di temperatura massima registrati tra il 13 e il 14 aprile 2024, nell'ultima settimana la temperatura è precipitata fino a raggiungere minime di 3 gradi centigradi anche in pianura, associate a pioggia e venti freddi.

 

Mentre in montagna la neve è caduta anche sotto i mille metri di altitudine, in alcune zone anche sotto i 500 metri.

 

Impressionanti le immagini delle arnie imbiancate sull'Appennino Pistoiese, o delle piante di acacia piegate o spezzate dalla neve in Garfagnana, in provincia di Lucca. E la situazione non è molto diversa in altre parti del Centro Nord d'Italia.

 

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Arnie sotto la neve sull'Appennino Pistoiese

(Fonte: Coldiretti Pistoia)

 

Una situazione meteo che sta mettendo a rischio molti settori agricoli, ma in particolare l'apicoltura.

 

Le api, infatti, in queste condizioni non possono uscire a raccoglie il nettare delle piante già fiorite in pianura e in collina, mentre la neve e il freddo stanno danneggiando anche le piante in boccio in montagna, cosa che impedirà di poter sfruttare le fioriture tardive, anche spostando gli alveari.

 

Inoltre, le basse temperature fanno aumentare il consumo di miele da parte delle api. Infatti, per mantenere una temperatura adeguata alla sopravvivenza sia degli individui adulti che delle larve, le api devono riscaldare l'interno delle arnie mantenendo un'elevata attività muscolare che rilascia calore, ma per farlo hanno bisogno di molte risorse nutritive. 

 

E questo fa sì che consumino anche il poco miele che sono riuscite a raccogliere nelle giornate calde prima della perturbazione, quando diventa necessario addirittura nutrirle, per evitare che subiscano danni da freddo o muoiano di fame.

 

Una situazione che vede così un doppio danno: da una parte la mancata produzione e dall'altra l'aumento dei costi e delle spese vive per mantenere in buone condizioni, o almeno in vita, gli alveari.

 

Ora non resta che aspettare l'andamento della stagione, valutare quale sia stato il danno effettivo e se sia possibile richiedere lo stato di calamità naturale e attivare la richiesta di indennizzi.